Il Codice Rosa è il percorso che garantisce la presa in carico dei pazienti vittime di violenza, in particolare donne, bambini, anziani, disabili e/o persone fragili e discriminate.
E’ un percorso di accesso, di accoglienza e assistenza immediata che assicura, cura, protezione, sostegno e ascolto grazie ad un efficace coordinamento tra le diverse strutture e le diverse competenze.
La vittima che, inizialmente accede al pronto soccorso (adulti o pediatrico), viene valutata al triage, le viene assegnato un codice di priorità in base all’entità della lesione subita e, successivamente, indirizzata in ambito di inquadramento patologico/psicologico idoneo.
L’obiettivo è fornire una risposta adeguata già dall’arrivo della vittima al Pronto Soccorso adulti per i pazienti sopra i 14 anni, o presso la struttura di Emergenza Urgenza Pediatrica per i pazienti sotto i 14 anni, che rappresentano, quasi sempre, il primo luogo in cui è garantita l’assistenza ed il contatto con le figure professionali dedicate.
Per l’ARNAS si tratta di un’evoluzione di un progetto già attivo dal 2017; la sua revisione, fatta da un team multidisciplinare di specialisti, coordinata dalla Struttura “Qualità, Percorsi Assistenziali e Gestione del Rischio”, diretta da Carla Ghiani.
Il percorso allineandosi alle normative vigenti prevede, l’intervento delle diverse strutture aziendali a seconda dello specifico bisogno assistenziale quale la presa in carico da parte della Struttura di Ostetricia e Ginecologia se donna, delle strutture dell’Area pediatrica se minore, della Struttura di medicina legale e del servizio di psicologia di tutte le strutture di competenza in base al caso specifico (es. chirurgia d’urgenza, terapia intensiva, Ortopedia, ecc).
Gli operatori dell’ARNAS G. Brotzu che si interfacciano con la vittima, garantiscono sempre al paziente: un setting adeguato di cure con ascolto attivo e con la sospensione di qualsiasi giudizio, la possibilità di avere informazioni chiare sui vari momenti e interventi del percorso, l’opportunità di accettare o non le proposte di assistenza sanitaria e psicosociale ma, soprattutto, il diritto ad essere inserito in un percorso assistenziale mediante la presa in carico da parte dei servizi presenti sul territorio di riferimento e in un progetto personalizzato di sostegno che gli consenta di superare l’esperienza vissuta.
Il percorso opera in sinergia con la rete territoriale del Centri Antiviolenza, in linea con le direttive nazionali e internazionali, così come definito nel Protocollo d’Intesa per il rafforzamento della rete antiviolenza regionale, firmato il 14 novembre 2024.
Fondamentale sottolineare che quando un medico di Pronto Soccorso sospetta un caso di violenza, allerta immediatamente il medico legale che gioca un ruolo cruciale, offrendo supporto sia nella fase di identificazione sia nella raccolta delle prove necessarie per eventuali denunce.
L’identificazione della violenza parte dal racconto della vittima e dall’analisi delle sue lesioni, successivamente si valuta la compatibilità delle lesioni con la dinamica riferita, soprattutto quando il paziente decide di denunciare. Ma anche quando dovesse decidere di non farlo, al medico legale spetta il compito di tranquillizzare la vittima, spiegando che le prove raccolte saranno protette e che potrà prendersi il tempo necessario per riflettere ed, eventualmente, tornare sui suoi passi, entro comunque i dodici mesi.