A proposito di favismo

Pediatria
Ad oltre 25 anni di distanza dalla conclusione della campagna di sensibilizzazione sul favismo, un semplice esame ha contribuito a identificare le persone a rischio e a diffondere la consapevolezza di quanto possa essere pericoloso il consumo di fave per i soggetti con deficit nei globuli rossi di G6PD (glucosio 6 fosfato-deidrogenasi).

Sino alla fine degli anni ’70 questa condizione veniva probabilmente considerata come una delle tante irrisolvibili piaghe della nostra regione, retaggio dell’insularità che ha portato tutti i Sardi, per mancanza di continui contatti con le altre popolazioni, ad avere da diverse migliaia di anni un corredo genetico pressoché identico.

Anche la Malaria, malattia endemica sino al recente dopoguerra, ha fatto la sua parte favorendo nei secoli la sopravvivenza soprattutto di quei soggetti i cui globuli rossi avevano un patrimonio enzimatico deficitario e che per tale motivo non potevano rappresentare per il parassita malarico un habitat ideale.

Questo spiega perché la frequenza del deficit di G6PD sia particolarmente elevata nelle zone in prossimità di Cagliari e Oristano dove la Malaria era molto diffusa, e sia più bassa nelle zone collinari e di montagna poco adatte al compimento del ciclo vitale della zanzara anopheles alla cui puntura era dovuta la trasmissione del Plasmodio della Malaria all’uomo.
Sino alla metà degli anni 70 in primavera il numero di ricoveri per crisi emolitica e grave anemia in seguito a ingestione di fave, era particolarmente elevato. Un censimento del 1975 dimostrò che erano stati ricoverati e sottoposti ad emotrasfusione nell’Isola 1078 individui in tre mesi.

Fu a quel punto promossa e avviata dalla Divisione Pediatrica di Cagliari e dal suo Primario di allora il professor Mario Silvetti una campagna di educazione sanitaria che si avvalse di tutti i possibili mezzi d’informazione e andò avanti negli anni trovando la collaborazione di altri sanitari ed il sostegno di tutte le Autorità.

Il risultato della campagna di educazione sanitaria condotta per 10 anni è stato essenzialmente il crollo del numero annuale di degenze per favismo passato da oltre 1000 a 563 nel 1980 per arrivare a 130 ricoveri nel 2000: valori con piccole variazioni rimasti immodificati sino a oggi.
Analoghi risultati sono stati ottenuti anche in ambito pediatrico: a Cagliari in Divisione Pediatrica il numero delle ospedalizzazioni per Favismo è passato da 120/anno ad appena 3-5 per stagione nell’ultimo quinquennio.

È vero che da svariati anni il test per il Favismo viene eseguito alla nascita su tutti i neonati sardi, e ciò rappresenta il miglior sistema per diffondere la cultura della prevenzione e mantenere alto l’interesse su questo problema. Ma è altrettanto vero che senza l’input iniziale e il coinvolgimento e la collaborazione di tante persone non obbligatoriamente legate al mondo della medicina, i risultati non sarebbero stati così rapidi ed esaltanti.